“Said in Italy” del 20 maggio 2016

Pane e letame. Inizio e fine, verrebbe da dire, di un ciclo produttivo incentrato sulla persona, sulla sua biologia peraltro comune alle altre specie animali.

Pane e letame nel caso di questo motto popolare stanno però per paga e lavoro faticoso.
Della paga si potrebbe dire che può essere costituita da merci o servizi ricevuti in cambio della prestazione effettuata, a mo’ di baratto, come un tempo avveniva con la pecunia, l’insieme dei capi di bestiame usati per ottenere merce di scambio, o che può corrispondere a un salario, termine che ha ormai perso ogni traccia dell’iniziale riferimento al sale e alla sua preziosità. O, ancora, che la paga può essere pagata in soldi, in moneta – oggi meglio se frusciante – o in denaro, termine che nasconde un rinvio a un numerale, dicei, che ci si può spiegare solo ponendosi nella logica del sistema monetale romano.

Si potrebbero dire molte altre cose, in verità. Tutte però accomunate, nell’esperienza di molti ma non di tutti, dalla necessità di essere precedute da una più o meno cospicua dose di fatica.
Di fatica parla per l’appunto il lavoro, costituendo fatica il nucleo significativo della parola stessa per lavoro, labor in latino, che ha poi ceduto il passo, nel corso della storia, a quello di ‘attività’ in senso generale, di qualunque tipo.
Tanta è infatti la vaghezza semantica di lavoro, che per capire di che attività si tratta è necessario spendere altre parole a definirne la natura, gli scopi, le modalità.

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