Said in Italy del 30 ottobre 2018
Ottobre 2018, giovedì 4. Articolo de Il Secolo d’Italia. Vi troneggia, al di sotto di una immagine piuttosto eloquente di donna dalle sembianze allusivamente boldriniane, cui, per effetto del blocco procurato da una mano, è impedito di parlare
Addio a “presidenta” e “ministra”: il Palazzo rinnega e resetta la Boldrini
Esaurita, nel primo blocco, la disamina sulla ex presidente della Camera, responsabile dello sperpero di denari pubblici a causa dell’imposizione (vezzosa? ideologica? l’una e l’altra?) della femminilizzazione di “diciture, carte e badge in circolazione a Montecitorio, costringendo addetti ai lavori e accademici della Crusca a una repentina inversione di tendenza linguistica”, l’autrice dell’articolo, Prisca Righetti, muove alla descrizione del nuovo. Un nuovo salutato dal favore di molti e, soprattutto, di molte: tutte quelle deputate ben felici di manifestare la propria distanza dal novero invero assai contenuto “delle pasionarie – molto poche, per la verità – favorevoli all’inedita declinazione al femminile che, invece, moltissime altre colleghe hanno ritenuto, e da subito, discriminatorie al quadrato”.[1] “Insomma, niente più consigliera in luogo del canonico consigliere” (nel testo questo passaggio precede quello citato poc’anzi).
Il nuovo è visivamente segnalato e anticipato dal titolo spartiacque
Intestazioni femminilizzate dalla Boldrini: si cambia
A essere chiamata in causa è l’iniziativa del 2016 – richiamata dal virgolettato enfatico “indirizzi in tema di linguaggio di genere”, preceduto nel testo da nuovi – “rispedita al mittente oggi, considerata dal suo esordio, sempre e comunque un passo indietro, anacronistica almeno quanto formalmente risibile”.
Icastica ed efficace o efficace perché icastica la conclusione del pezzo, nella quale si afferma “La parità di genere, insomma, non passa necessariamente per la grammatica”.
Da questo articolo e in particolare da tre passaggi e dal filo piuttosto spesso, in termini di semantica, che ne lega gli aggettivi più caratterizzanti (sottolineati per praticità)
- costringendo addetti ai lavori e accademici della Crusca a una repentina inversione di tendenza linguistica
- inedita declinazione al femminile
- niente più consigliera in luogo del canonico consigliere
trarranno alimento queste brevi considerazioni, che a chi ha pratica con la rete ricorderanno la pratica nota come debunking, ovvero, per farla breve, lo smascheramento di una notizia infondata o falsa o antiscientifica. O tutte e tre le cose, nell’ordine che si preferisce.
Premessa la libertà individuale di riferirsi a se stesse – o ritenere indifferente che il riferimento alla propria persona, intesa in senso professionale, possa avvenire – nel modo che più aggrada, e messo in chiaro che ci si muoverà nell’unica prospettiva in cui chi scrive si sente abbastanza a proprio agio – quella della descrizione della lingua e del suo funzionamento – si cercherà di effettuare una operazione di debunking politico, con quest’ultimo aggettivo a intendere, ed esclusivamente, ciò che è pertinente con la vita della polis, ovvero della società (la città nel senso lato). Società che, con natura e cultura, costituisce ossatura ed essenza del linguaggio verbale.
Questo debunking andrà perciò inteso come grosso modo assommante ciò che nella ben più longeva tradizione culturale dell’era pre-social (non importa di che epoca) si era soliti denominare senso critico e verifica delle fonti e delle informazioni. Per lo meno prima di scrivere e prima che il gusto per il monorematico (una sola parola per un concetto) – ancora più apprezzato da molti palati se anglofono, e ancora e ancora di più se assolutamente sincronico (qui e ora) – iniziassero a mostrare nei confronti della diabolica coppia quel genere di sospetto talora dispensato nei confronti di chi si limita all’applicazione della (fettina di) conoscenza di cui anela ad essere specialista.
Nei passaggi contestati si va infatti ad affermare che
- la lingua cambia per decreto: falso
- i nomi di professione al femminile costituiscono il frutto di un indirizzo nuovo, datato 2016: falso
- l’Accademia della Crusca si trova, anzi si è trovata, per effetto degli indirizzi su menzionati, a inseguire le tendenze linguistiche imposte per via di indirizzo: falso
Non ultimo si rileverà l’assenza di fondatezza a reggere l’affermazione
- “Il femminile discrimina: fuori luogo, perché si chiama in causa un fatto linguistico a spiegare qualcosa che non c’entra con la lingua”.
Pur essendo prassi della linguistica descrivere e non prescrivere – la varietà normata di una lingua costituisce uno dei modi (quello che ha prestigio, che è reputato degno di essere imitato, ma pur sempre uno e per di più soggetto al mutamento) di impiegare la lingua – qui si adotterà una prospettiva volutamente più ristretta: quella tipica delle grammatiche normative. Ciò per mettere in evidenza il tasso di pregiudizio, da intendersi, richiamando l’omonima voce del Vocabolario Treccani, come “Idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore (è sinon., in questo sign., di preconcetto)”. E non, dunque, nel senso vicino a schema mentale, con cui il termine è pure usato nelle scienze cognitive.
Ciò che, nella fattispecie di questo discorso, appare scarsamente frequentato ricade nel dominio della lingua avente a che fare con
- uso degli allocutivi, ovvero le forme impiegate dal parlante per denotare l’interlocutore
- regole di accordo, per esempio tra nome ed aggettivo o tra articolo e nome
oltre che con
- la morfologia del nome, che, nel caso dei nomi di professione, si offre a chi la osservi – e non da ora – multisfaccettata.
Tanto da costituire fonte di dubbio anche per chi abbia dimestichezza con le strutture linguistiche. E non solo dell’uso medio.
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