Patto in cucina magazine” del 25 ottobre 2016

Peculiare della nostra specie è la possibilità di far rivivere frammenti di realtà per mezzo di parole. Per questa ragione in ogni parola, in questo caso nella parola patto, restano tracce, che con l’analisi linguistica è possibile riportare in superficie, di cosa abbiano voluto far rivivere coloro se ne sono serviti e servite

Se parlare, contare e mangiare costituiscono con ogni probabilità le attività che fanno di un essere vivente un esemplare della nostra specie, le forme assunte da ciascuna di queste attività determinano l’inclusione, per ciascun esemplare, in una o più delle innumerevoli forme di cultura in cui si realizza l’organizzazione sociale della specie stessa.

È dall’organizzazione della specie per gruppi provvisti di modi diversi di stare al mondo tramandatisi di generazione in generazione che derivano: la pratica di una lingua, l’attitudine a cibarsi di alimenti trasformati secondo precise procedure, la prassi che conduce a enumerare e calcolare in uno dei tanti modi messi a punto da chi ci ha preceduto nel corso della storia.

Sebbene, infatti, la facoltà di linguaggio, intesa come predisposizione biologica, preceda le lingue allo stesso modo in cui l’alimentazione precede la nutrizione e la capacità di stabilire sistemi di corrispondenze precede la formazione di sistemi di numerazione, è nelle forme culturalmente e insieme socialmente definite che diventa possibile la differenza nella continuità, ovvero l’essere diversi e insieme simili grazie al collante garantito dall’essere homines sapientes sapientes.

Dalla condizione di sapientes sapientes procede così il ricorso universale e specie-specifico alla voce articolata per dare sfogo all’istinto di comunicazione; così come dalle diverse articolazioni, ‘selezionate’ tra tutte quelle rese possibili dalla fisiologia, procedono, a cascata, le lingue, sottoinsiemi del linguaggio verbale tenute insieme dalla cerniera della convenzione. Procedono dunque per effetto di un patto non scritto, ma che agisce sullo sfondo delle nostre esistenze, che si rinnova fin dalla sua istituzione ogni qualvolta che un esemplare neonato, per effetto del vivere con altri esemplari, ne acquisisce le abitudini, che farà poi proprie al punto di servirsene per definire se stesso al cospetto del mondo.

Patto viene così a costituire la cerniera e insieme la sutura in assenza della quale verrebbe meno la stessa condizione umana, non sostenibile individualmente. Un accordo ratificato la cui forza consiste, proprio come accade per le parole delle diverse lingue e per le ricette, nel conciliare il cambiamento con la stabilità.

Non sorprenderà perciò, alla luce di una simile premessa, il fatto di ritrovare nella parola patto, ripercorrendone a ritroso la storia, le tracce di una funzione che non è esagerato dire definitoria della stessa essenza sociale e culturale che ci contraddistingue come specie.

Dietro a patto, dentro a patto, si cela infatti l’eredità di una radice, pag-/pac- connessa con la fondazione di villaggi, in latino pagi – così detti dai loro confini, fatti di pali conficcati e fissati gli uni agli altri in modo da delimitare e distinguere il mondo dentro da quello oltre i pali – e con i pagani, gli abitanti di questi villaggi definiti a partire da una condizione di centralità coincidente con la città. E connessa con la pace, pax in latino, condizione frutto di accordi maturati tra due o più (gruppi di) individui portatori di interessi differenti e potenzialmente confliggenti che per nessuna ragione, anzi a nessun patto, andrebbe rotta.
Patto richiama infatti la fiducia, la volontà e la convinzione che quanto stabilito sarà rispettato proprio perché in esso si ravvisa qualcosa di statutario; qualcosa che, se tradito, andrebbe a minare l’essenza stessa del vivere socialmente organizzato e di quanto con esso connesso.

Per tutte queste ragioni non si poteva non far finire il patto nel piatto, allorquando ci si è trovati a fronteggiare il desidero e la sfida di dire la propria su tutto ciò che precede, accompagna e segue un boccone di un qualsivoglia cibo, prodotto in una qualsivoglia cultura, in un qualsivoglia luogo, in un qualsivoglia tempo.