“Il riposo del Guerriero” del 20 novembre 2011

Incredibile a dirsi, ma il pesciolino Nemo della Pixar, protagonista di “Finding Nemo” (“Alla ricerca di Nemo” in italiano), altri non è che un Ulisse che, perse le spoglie antropomorfe, si aggira per mari ed oceani all’inseguimento della conoscenza.

La ragione dell’identità è facile da spiegarsi e si basa tutta su presupposti linguistici, nella fattispecie onomastici.

Ulisse, Odisseo in greco, è impegnato ad affrontare il suo nostos (‘ritorno’) nella patria Itaca quando si imbatte nella terra dei Ciclopi, da parte della critica omerica assimilata alla Sicilia, e nei suoi abitanti.

Emblema della forza fisica e violenta, i Ciclopi appaiono antitetici rispetto ad Odisseo per assenza di finezza di ragionamento ed arguzia, qualità, invece, ampiamente presenti nel mangiatore di pane (Odisseo, cos¡ definito in contrapposizione, a sua volta, ai Giganti, definiti da Omero come non sitofaghi, quindi, letteralmente, ‘non mangiatori di pane’).

Non sfugge a questa caratterizzazone Polifemo, il più noto tra di essi, un energumeno che, contravvenendo alle leggi dell’ospitalità, divora a mo’ di spiedino alcuni compagni dell’eroe, prima di cadere ebbro per il tanto vino bevuto proprio in compagnia di Odisseo e di altri suoi compagni di ventura destinati al pasto del giorno successivo.

Ed è proprio nel corso del banchetto che si consuma la vittoria dell’ingegno sulla forza bruta, punto cruciale del plot ideato da Omero per questo episodio della saga del Ritorno: invitato da Polifemo (‘quello che dice molto’) a rivelare il suo nome, Odysseus, giocando sull’assonanza del suo prenome con il pronome indefinito negativo maschile, afferma di chiamarsi Outis, variante di oudeis dal significato di ‘nessuno’.

Ottenuto che il ciclope cadesse vittima del sonno e del vino, Ulisse/Odisseo sferra il suo attacco contro Polifemo che, accecato dal palo arroventato conficcatogli da Ulisse nell’unico suo occhio, disposto al centro della fronte, inizia ad urlare richiamando tutti gli altri Ciclopi dell’isola.

Il resto della storia è noto e prevedibile: interrogato dai Ciclopi su chi gli avesse perpetrato tanto dolore, Polifemo non potè che rispondere che Outis ‘Nessuno’ lo aveva accecato.

E “Nessuno!” continuava a ripetere quando, evaso con i compagni dalla grotta di Polifemo grazie ad un altro stratagemma (non vedendo via d’uscita dall’antro, l’errante Odysseus aveva intuito che il solo modo per riacquistare la libertà sarebbe stato di approfittare dell’uscita del gregge per il pascolo, ragione per cui ciascuno dei prigionieri si appese al vello di una pecora sfruttando la cecità di Polifemo e aggirando il suo controllo tattile – il solo possibile – grazie alla collocazione sotto la pecora) malediva quanto gli era accaduto di fronte allo sconcerto dei Ciclopi che, ignari e perplessi, continuavano a domandargli chi gli avesse cagionato tanto dolore.

Riacquistata la libertà, Nessuno, Nemo in lingua latina, può riprendere il suo viaggio alla volta di altre peripezie.

Peripezie che, dopo tanto vagare, si concluderanno con il ritorno a casa, esattamente come farà Nemo il pesce dopo essere fuggito con un espediente dal gabinetto di un dentista.

Anche la Pixar, dunque, ha voluto la sua odissea e per ottenerla ha riscritto luoghi e personaggi di quella omerica mantenendo però intatta quell’essenza dell’eroe protagonista di tante avventure che avrebbe fatto affermare a Dante che “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.