“Il riposo del guerriero” dell’8 luglio 2012
Meglio in single o in coppia? Dipende dalle esigenze, dai punti di vista; in una sola battuta da ciò che si vuole e da ciò che dagli altri ci è concesso.
Da osservatrice della lingua trovo però più interessante, almeno in questo momento storico, parlare di coppia, sostantivo indicatore di una condizione che, a seguito della frammentazione e della diversificazione dei rapporti interpersonali che si è resa visibile nell’ultimo secolo, si è trascinata dietro una interessante questione terminologica.
Se infatti non c’è dubbio sullo status dei rapporti significato da coppie terminologiche quali moglie e marito, fidanzato e fidanzata, ragazzo e ragazza, quando ci si discosti da questo canone consolidato si inizia a sentire il terreno traballante.
Come chiamare colui o colei con il / la quale si intrattengono rapporti sostanzialmente da moglie e marito, da fidanzato e fidanzata, da ragazzo e ragazza senza dover ricorrere a una etichetta che
– non si condivide
– non corrisponde ad uno status giuridico
– non corrisponde al sentire che si è soliti far corrispondere ad uno di questi termini?
Come chiamare il Lui o la Lei che non sono amanti (nel senso di già sposati con altri mentre intrattengono tra di loro una relazione) e che possono essere tanto “del momento” tanto impegnati in una convivenza more uxorio?
Amico o amica (molto in voga anni fa, non sempre privi di valenza spregiativa, ma oggi abbastanza in disuso); compagno e compagna, probabilmente al momento i più consolidati dall’uso insieme a moglie e marito impiegati anche in assenza del corrispettivo status giuridico; partner che ha dalla sua il vantaggio di essere ambigenere; quello / -a con cui sto insieme, con cui mi frequento efficaci ma solo in assenza dell’interessato; fidanzato o fidanzata, recentemente tornati alla moda dapprima con accezione ironica e più recentemente per superare il vuoto terminologico connesso alla coppia di fatto; o ancora, con termini più recenti (e forse tipici solo o principalmente dei giovani e dei giovanissimi), frequentante o uscente, termine che si sta affermando con un significato opposto a quello suggerito da uscire?
Uscente, finora aggettivo riferito a ‘qualcosa che sta che sta per finire’ o, se impiegato per chi sta detenendo una carica, a ‘chi è alla fine del mandato’, si è infatti recentemente caricato di una nuova accezione a seguito di una conversione che ne ha fatto un sostantivo. Un sostantivo che, a dispetto della sua semantica, anzi in totale contrapposizione alla sua semantica, indica chi si trova nello stato incipiente di una relazione non ancora dall’identità ben definita. Insomma chi si trova nello stato entrante di un “partenariato”.
Meglio di tante parole contribuisce però a fare chiarezza in senso denotativo il programmatico (fin dal titolo) post di una adolescente pubblicato in un gruppo di discussione attivo in rete (Yahoo answer)
“Fidanzata o uscente??? aiutoooooooooooooo?
volevo chiedervi, io sto uscendo con un ragazzo e ci ricordiamo sempre reciprocamente che noi non siamo insieme. però io non so come comportarmi. dovrei essere gelosa?? dovremmo già chiamarci amore?? ci dobbiamo già tenere per mano?? fumare la stessa sigaretta??…si baci e piccolissimissime coccole ci sono già state però mi sembra che da come ci comportiamo siamo già insieme…non so aiutatemiiiiiiii!!! grazie”.
Come si può vedere, la questione è più di sostanza che di forma, almeno nella prospettiva dell’interessata.
Né si tratta di un caso isolato, a giudicare dal dibattito che a più riprese questa questione ha stimolato e dal fatto stesso di aver abdicato (non è chiaro se il soggetto sia il legislatore o la massa parlante o il perbenismo o tutti e tre), nel caso della nuova coppia per eccellenza, alla creazione di una definizione autonoma a vantaggio di una espressione “modificata” quale è coppia di fatto.
Poiché però questa riflessione non ha pretese di sistematicità e intende limitarsi a isolare degli spunti da approfondire in altra sede e solo dopo una adeguata ricerca “sul campo”, anticipo quanto dirò tra poco affermando che la realtà supera la fantasia visto che, per riferirsi e soprattutto definire il proprio rapporto, non è insolito che gli interessati cedano alla tentazione di una creazione neologica per così dire prêt à porter.
Ecco perciò l’occasionale aminzato, parola macedonia da amico + fidanzato, e i più noti e altrettanto macedonie trombamico e scopamico (friends-with-benefits in inglese), recentemente e a più riprese oggetto di approfondimento anche da parte di osservatori dei costumi sociali.
Per aggiungere ulteriori spunti alla discussione riporterò, a titolo di esempio, alcuni approfondimenti apparsi negli ultimi mesi sui varia stampa. Da Giornalettismo
“Se lo scopamico si chiama “frequentante” (http://www.giornalettismo.com/archives/231230/se-lo-scopamico-si-chiama-frequentante/).
01/04/2012 – Il Corriere della Sera ci racconta oggi le caratteristiche dei “frequentanti”, una nuova “categoria sociale” di coppie le cui caratteristiche, però, sembrano identiche a quelle dello “scopamico” o dei “friends-with-benefits”: Chi non ha scopamico si consola così […]
Sono l’esercito dei frequentanti. Niente più ragazzo, fidanzato, compagno, oggi si dice così: Frequentanti. Storie di amori autonomi e indipendenti, di passioni che si moltiplicano e viaggiano in parallelo, di trasgressioni che s’incrociano finché si può. ‘Meglio liberi che imprigionati’, dicono. Ma cosa si cela dietro queste certezze? Sintomatici segnali di paura a legarsi? Nuove fragilità affettive? Oppure ambizioni di una società liberata da regole e tabù, verso un’avanguardia aperta e poligama?”.
Sulla stessa scorta un approfondimento tratto dal periodico Grazia (http://www.grazia.it/magazine/editoriale-del-direttore/Avete-un-fidanzato-un-compagno -o-un-frequentante)
“Avete un fidanzato, un compagno o un frequentante?
by Vera Montanari
La chiamano la generazione punto zero. Sono nati e cresciuti a computer e tecnologia. Sarà per questo che i ventenni, dicono gli esperti, sono così “veloci” su sesso e sentimenti?
Questa volta non posso ricorrere a esperienze personali perché, ahimè, ho superato quella meravigliosa età da parecchio e mio figlio diciottenne, che sarebbe un ottimo testimone, ha sulla sua vita privata, e anche su quella dei suoi amici, una riservatezza degna di una cosca mafiosa.
‘Quando deciderò di sposarmi, vi avviserò una settimana prima’ è il suo slogan quando qualcuno in famiglia cerca di indagare su eventuali “simpatie”. Quindi non mi resta che sfogare la mia, sana, curiosità documentandomi su ricerche ufficiali. Ed è così che ho scoperto che una stragrande maggioranza di giovani non usa più il classico ragazzo/a per indicare il partner.
E neanche il più tradizionale, ma recentemente riabilitato in chiave ironica, fidanzato/a. E neppure l’antico, e francamente più ideologico, compagno/a. Perché la definizione più diffusa oggi è: frequentante, che significa appunto, come dice la parola, la persona che si frequenta, niente di più.
Dietro, spiega una psicologa, ci sta una concezione dei rapporti che poco ha a che vedere con quelle che noi chiamiamo storie d’amore. Sono più storie di affetto e sesso (gli americani parlano di friends with benefits, amici con benefici, come la macchina per i manager…). Insomma, i ragazzi oggi preferiscono sperimentare, e questo è comprensibile, senza progettualità e senza impegno.
Soprattutto le ragazze che dicono esplicitamente, nei vari dibattiti online, di volere solo storie brevi, veloci, in cui entrambi i partner siano indipendenti e liberi di avere anche storie parallele. ‘L’autonomia è tutto’ dichiara Francesca, 21 anni, studentessa di Economia, ‘e io non voglio render conto a nessuno della mia vita, del mio tempo, delle mie scelte’.
E la gelosia? Cosa di altri tempi, archiviata insieme alla fantasia del principe azzurro (‘Non esiste’, scrive Maria, 19 anni, ‘e se esiste è gay…’). Matrimonio, figli? Tutte “cose carine”, ma se ne parlerà più avanti, molto più avanti. Il che non stupisce se si guardano le statistiche italiane. Come spiegare allora quelle 10 mila adolescenti che rimangono incinte ogni anno? Incidenti di percorso, dicono gli studi, dovuti per lo più a inesperienza e carenza di informazione su sessualità e contraccezione.
Ma non è una contraddizione tanta “disponibilità” sessuale e una conoscenza così scarsa della “tecnica”? Sì, certo, spiegano gli esperti, ma l’adolescenza è per definizione l’età delle contraddizioni. Se poi si considera che l’età media del primo rapporto si è abbassata ulteriormente, arrivando a 13 anni (io, cuore di mamma, mi rifiuto di crederci), si capiscono meglio anche tante gravidanze precoci.
Ma Elena scrive: ‘Faccio tanto sport e niente sesso. Per le mie amiche sono antica. Who cares? Io aspetto quello giusto’. Che ne dite?”.
Da eDarling, sito specializzato nell’organizzazione di incontri tra singoli in cerca di altri singoli (dating con un anglismo di gran moda e in italiano sicuramente mitigante)
“La figura del partner.
La parola partner è diventata una parola d’uso comune nella lingua italiana ed è semplicemente la traduzione inglese di compagno/compagna.
Utilizzare la parola partner è più comodo e facile rispetto a compagno. In primo luogo perché nella vita di tutti i giorni “compagno” presuppone una relazione che dura da molto tempo e spesso anche una convivenza; mentre la parola partner è più generica e viene utilizzata per far riferimento a una frequentazione che ha superato il livello dell’amicizia ma ancora non è ad un livello “fidanzamento ufficiale”” (http://www.edarling.it/consigli-ricerca-partner/partner).
Per finire, l’articolo del Corriere (http://archiviostorico.corriere.it/2012/aprile /01/Cuori_precari_co_8_120401033.shtm), intitolato Cuori precari, che ha dato il là all’ultimo round di discussione e di cui si riporta solo la prima parte
“Hanno relazioni fluide e veloci ma spesso idee confuse su corpo e sessualità. Sognano ancora il matrimonio in chiesa, l’indipendenza e una famiglia tradizionale E la rete è la nuova discoteca
Cuori precari
Insofferenti «Detesto dover rendere conto di ogni cosa a qualcuno Mi bastano l’ affetto e l’ attrazione fisica» Non si fidanzano ma «si frequentano» Storie di amori e di trasgressioni […]”.
Che bilancio per questa zona grigia compressa tra l’ortodossia della coppia tradizionale e il ventaglio di termini o generici o adattati a denotare una realtà ancora priva di un corrispettivo tassello nel sistema linguistico?
E soprattutto, che prospettiva?
Occorrerà rassegnarci per le coppie di fatto alle coppie di fatto o al “mangiare lo stesso pane”* – pane che però si potrebbe mangiare anche con qualcuno di diverso dal partner** – o si assisterà, insieme all’emancipazione sul piano del riconoscimento politico, all’ascesa di nuovi vocaboli? Costruiti come?
In attesa di capire come le prossime generazioni di donne chiameranno i propri pseudo-mariti*** o i propri ragazzi****, mi accontenterò di invitare chi sta leggendo queste righe a segnalare le forme che usa o che ha sentito usare per indicare l’altro in una coppia e di chiudere con una provocazione: se vale la stessa regola in uso nei corsi universitari, c’è una soglia oltre la quale per i frequentanti viene meno questo loro status?
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Postilla etimologica (fonte DELI)
*Compagno: da un termine del latino medievale dal significato di ‘chi mangia lo stesso pane’; in ambito politico si impose su fratello e cittadino per imitazione di quanto accadde al corrispettivo termine francese. La ripresa del significato del termine russo tovarisc, da molti indicata come la fonte dell’uso politico di compagno, è invece più tarda.
**Partner: dal latino pars ‘parte, divisione’, si trova registrato solo dai primi anni Settanta in italiano con il significato di ‘l’uomo o la donna in una coppia non sposata’ (Zingarelli); prima di allora era usato ma per chi nel teatro, nella danza, nello sport, faceva coppia con qualcuno (fonte: Panzini, ma c’è almeno un’attestazione degli anni Sessanta del XIX sec.)
***Marito: termine dall’etimo incerto, in principio attestato nell’ambito dell’agricoltura, ad esempio in riferimento a piante; lo si trova attestato già nel Duecento per riferirsi alla condizione di maschio di una coppia sposata.
****Ragazzo: come per marito l’etimo è incerto. Alcuni lo vogliono collegato a radicare ‘tosare, rasare’, altri a *radica ‘radice’, altri ancora da ergatius ‘lavoratore’, da una radice significante ‘piccolo’, dalla parola per erede. Quelle riportate sono solo alcune delle ipotesi formulate.
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