“Il riposo del guerriero” del 7 ottobre 2012

Il suo parlare è inversamente proporzionale a quanto si parla di lui.
Il suo credo prevede che si debba parlare poco, chiaro e per concetti.
Preferisce ascoltare che parlare.

E’ Zeman, utilitaristicamente sovrapposto dalla stampa a Zemanlandia – ‘il mondo con gli occhi di Zeman, alla Zeman; la filosofia di Zeman tradotta in un credo da professare’ – neologismo di ritorno (Zingarelli 2003, se non erro) tornato prepotentemente ad affermarsi negli ultimi anni grazie ai documentari di Giuseppe Sansonna, il primo dei quali, intitolato appunto Zemanlandia, ha avuto un ruolo strategico nel disgelo tra Zeman e Casillo che avrebbe riportato Zeman sulla panchina del Foggia, poi su quella del Pescara e poi di nuovo a Roma.

Zeman era stato infatti allenatore della Roma già alla fine degli anni Novanta, prima che gli fosse preferito Fabio Capello.

A quel periodo, in cui Zeman non era più l’allenatore della Roma, si riferisce questo frammento, tratto dalle una vecchia intervista alle Iene  in cui il boemo Zeman dà prova di reggere perfettamente il ritmo incalzante delle domande, cui replica senza esitazione confezionando risposte evasive nel contenuto ma che, nella forma, soddisfano l’ascoltatore imprimendosi nella sua mente grazie al ricorso a battute sagaci.
Una su tutte:

Iena: destra o sinistra

Zeman: destra mi fa male

Passano gli anni, una decina, ma a Che tempo che fa (23-10-2011) Zeman ostenta una immutata vis ironica dai risvolti comici

Spicca, nella performance, la mimica facciale e, ancora una volta, l’uso di traslati, battute, espressioni che rivelano una piena competenza dei significati pragmatici di parole o espressioni:

Fazio: Ha visto il documentario di Sansonna?

Zeman: no […]. E’ perché di solito questi film si fanno dopo.

In un passaggio successivo

Zeman: Non vado al cinema dal 74.

Fazio: Qual è stato l’ultimo film che ha visto?

Zeman: Non ricordo, ma era bello.

Campionato 2011-2012: Zeman è l’allenatore di un Pescara indomabile che macina vittorie avido di riassaporare la serie A.

Nella primavera accade però un fatto che sembra scompaginare ogni equilibrio: muore la “creatura” materana di Zeman, Franco Mancini. A breve distanza muore anche, in campo, a due passi dalla panchina, Piermario Morosini: il Pescara incappa in tre sconfitte consecutive.

Per spezzare la tensione che sembra imprigionare lo spirito della sua squadra Zeman, con apparente nonchalance degna di un attore professionista, confeziona una perla definita da Sansonna (che ringrazio per il commento al filmato) “una sorta di summa zemaniana”. Un geniale coup de theatre del tutto insolito nel suo repertorio che produce l’effetto di una ventata benefica e serenatrice. Il Pescara, zemanianamente fondato sulle sintonie umane, inanella sei vittorie roboanti e vola in serie A.
Zemanlandia al capolinea? Mo’ ci a faccio vedere io.

Un altro salto in avanti, fino a una manciata di giorni fa: l’occasione è quella della partita con la Sampdoria.

Sullo sfondo la contrapposizione, (creata e) cavalcata dalla stampa, tra due “sistemi” – Zemanlandia e la Juventus – che finisce per avvelenare e trasformare ogni punto di contatto tra queste due entità. La Roma di Zeman incontra, in casa, la Sampdoria dell’ex juventino Ferrara: la partita si chiude in pareggio, un risultato utile per chi, per intervistare Zeman, spera di rimestare nella brodaglia dei processi e della giustizia sportiva fiducioso nella scarsa capacità (e/o volontà) di Zeman di sottrarsi alla polemica.
Due parole chiudono causticamente l’ennesima incazante provocazione sui processi sportivi.

Zeman: Ma io non devo chiudere niente. Penso che sono tribunali che per dieci anni si sono interessati di quei problemi. Non sono fatti miei.

Intervistatore: Basta?

Zeman: … e avanza

Infine la conferenza stampa (min. 2.40) di sabato scorso, dopo la sonante sconfitta con la Juventus.

Quali considerazioni?
Zeman dimostra un notevole grado di bilinguismo, di cui è spia la facilità ad usare significati non letterali (modi di dire, e soprattutto battute basate sul doppio senso).
Di particolare interesse è l’uso dell’articolo (anche nelle preposizioni), che Zeman usa perfettamente soprattutto quando è emotivamente provato, quasi a capovolgere quella prassi che solitamente induce ad allentare il controllo sulla lingua quando si è in preda ad una forte emotività e concitazione.

Come interpretare questi dati?

Una ipotesi potrebbe consistere nel prefigurare una dicotomia con da una parte il personaggio Zeman, che parla un italiano che risente delle interferenze morfosintattiche tipiche delle lingue slave, e, dall’altra, l’uomo Zeman perfettamente bilingue e in grado di parlare la lingua senza interferenze, se non nella prosodia.

Il mancato uso dell’articolo potrebbe allora essere letto come un abito comunicativo volutamente indossato dal tecnico, una sorta di cifra stilistica, di stilema del personaggio che si impone sull’uomo (perfettamente padrone del sistema degli articoli italiano).

Un indizio che, se si rivelasse fondato, meriterebbe di essere approfondito per giungere a capire chi sia realmente Zeman.