“Il riposo del guerriero” del 30 dicembre 2012
Profezia, apocalisse, catastrofe. Queste sono le tre pillole etimologiche con cui chiuderò l’anno passato in compagnia del Guerriero.
Delle pillole, anche perché dedicherò mezzo dei minuti a mia disposizione per ringraziare Stefano, la redazione sempre cortese e disponibile, in primis il povero Giorgio De Luca che settimana dopo settimana ha sopportato paziente le mie proposte di ipotesi di discussione sempre troppo corpose per i minuti previsti, e, ultimo ma non ultimo, il pubblico del Guerriero, grazie al quale sono stata spesso stimolata a cercare vie non previste.
Grazie a tutti.
Passo alle pillole di lingua.
Inizierò dicendo che, se un anno fa ce lo avessero profetizzato, se cioè ce lo avessero detto prima, non ci avremmo creduto. Il Papa è su Twitter. O, come scrivono alcuni ricorrendo all’ennesimo neologismo, twittera.
Essendo accaduto potremmo dire che la profezia si è avverata. Poiché profezia è parola del latino tardo che a sua volta riprendeva quella greca che ritroviamo anche in profeta, se volessimo usare una parola squisitamente latina dovremmo dire predizione. Stante la preferenza per l’una o per l’altra forma, per profezia o per predizione, certo è che difficilmente qualcuno si sarebbe lanciato in una previsione relativa al Papa su Twitter. Ciò che differenzia la previsione dalla profezia è infatti la presenza di indizi, nel caso della previsione.
Restando nell’ambito delle profezie la più nota di ogni tempo è però forse quella dell’Apocalisse o Apocalissi, parola di etimo immaginifico, giacché collegata al verbo greco kalupto che significa ‘avvolgere’, lo stesso che sta dietro al nome parlante di uno dei personaggi cari a chi ha letto l’Odissea omerica ma anche, in epoca più recente, ai cultori della saga dei Pirati dei Caraibi: parlo di Calipso, il cui nome significa ‘l’avvolgente, colei che nasconde’.
Apocalissi è perciò ‘la rivelazione, il disvelamento’: con il termine ci riferiamo infatti ad uno scritto che contiene profezie e rivelazioni sulla fine del mondo, e quando dico fine del mondo, non lo faccio in senso metaforico.
Un senso che però il termine possiede e che gli conferisce il valore di sinonimo di ‘catastrofe definitiva’, definizione a cui mi ricollegherò invece per introdurre la terza e ultima pillola etimologica, incentrata, appunto, su catastrofe, altro termine di matrice greca da ricondurre al verbo per ‘rivoltare, stravolgere, capovolgere’ ma anche ‘svolgere fino al termine, terminare’ e perciò anche ‘morire’ (katastrepho).
Arrivato in italiano per il tramite del latino, catastrofe si diffonde nell’italiano a partire dal XVI secolo finendo per sbiadirsi per consunzione, per… eccesso di tendenza catastrofizzante.
Tendenza che però, a volte, si dimostra fondata. Chiudo l’anno scongiurando, dopo la salita in politica, un ennesimo rischo di catastrofe linguistica all’orizzonte. L’Abc, inteso «non come l’inizio dell’alfabeto ma come Alfano, Bersani e Casini. Una nuova sigla politica 20 anni dopo il Caf».
2 gennaio 2013 at 22:14
Più previsioni che profezie.
Ciao Francesca.
Da molti indizi che il vecchio anno ha lasciato dietro di sé, traggo purtroppo nefaste previsioni per il futuro della nostra lingua. Spero di sbagliarmi ma mai in passato avevo letto o ascoltato tante corbellerie linguistiche come nell’anno appena concluso. Del resto nessuno meglio di te può confermarlo, per essertene ripetutamente occupata su queste pagine, con la consueta puntualità competenza e professionalità.
A me pare che linguisti, addetti ai lavori, accademici, abbiano mantenuto fin qui un atteggiamento sostanzialmente neutrale, direi quasi… Gandhiano, rispetto al problema; atteggiamento certamente condivisibile nelle intenzioni, poiché ispirato alla fiducia nella capacità autoregolamentatrice della lingua, ma che però non tiene conto di un punto fondamentale: l’improvvisa accelerazione che negli ultimissimi anni, il moltiplicarsi di canali e piattaforme comunicative ha impresso alla lingua in termini di evoluzione- modificazione-manipolazione.
Un’ accelerazione così improvvisa ha certamente prodotto squilibri patologici all’interno di quella modalità “fisiologica” attraverso cui una lingua nel corso della sua storia, si arricchisce di nuovi termini per rispondere a istanze sempre nuove, al punto che se volessimo trasporre la situazione attuale in un immaginario contesto di storia naturale, più che di evoluzione della specie- lingua, potremmo certamente parlare qui di mutazione genetica, che viene quasi la tentazione di invocare la bioetica piuttosto che i linguisti della “Crusca”
Ttwitter, facebook, i blog, i social network e poi le decine e decine, ma forse centinaia di giornali e giornalini on-line, e poi le radio in cui si parla, si parla e ancora si parla con centinaia e centinaia di esperti di qualcosa, diventano sempre più spesso vere e proprie palestre dove prevale chi la spara più grossa. Ma la “creatività” (uso un eufemismo) del linguaggio è in genere inversamente proporzionale alla qualità dei concetti espressi. Ma questo è già un altro discorso…
Saliamo in politica?
Il 2012 sì è dunque concluso con l’annuncio della “Salita in politica” di Monti, che tu giustamente definisci “una catastrofe linguistica” , e speriamo non diventi pure, per noi italiani, una catastrofe politica perchè allora la disperazione sarebbe completa.
L’espressione “scendere in politica” (correggimi se sbaglio) è una forma contratta di “scendere nell’agone politico”. “Agone” è il termine con cui nell’antica Grecia si indicava una manifestazione pubblica consistente in gare o giochi. Gli agoni più importanti furono i giochi olimpici. Scendere nell’agone, o scendere in politica, assume pertanto il significato figurato di mettersi in gioco (nello specifico di candidarsi). La decisione di Monti di rimettersi al giudizio degli elettori implicherebbe quindi necessariamente uno “scendere” (verso il basso) perchè il terreno di gioco si trova sempre, per ovvi motivi, in una posizione più bassa rispetto agli spettatori-elettori (tranne che nella boxe, laddove non a caso si dice “salire sul ring”.
A nessuno è quindi dato di “salire in politica” senza stravolgere le leggi della fisica, a meno che Monti non avesse inconsciamente espresso in tal modo il suo irrefrenabile desiderio di menare cazzotti a destra e a manca. Sempre che al tappeto non ci finisca prima lui ( in senso figurato naturalmente) 🙂
Ciao da Gianluigi
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