“GeoEGeo” del 23 settembre 2015
“Corriere della Sera” di sabato 13 ottobre 2007, home page dell’edizione on-line:
«Gerundio vietato negli uffici. Il governatore di Brasilia: “Così si imbrogliano i cittadini e si perde tempo per rimandare una decisione”».
Il titolo, per il tramite del link, rimanda ad un articolo più esteso della Cronaca estera il cui primo paragrafo riferisce:
Rio De Janeiro – Se la grammatica si mette di traverso, piegheremo la grammatica. Parafrasando il motto del libertador delle Americhe Simon Bolivar – che si riferiva alla natura e l’uomo – un governatore brasiliano ha avuto una intuizione che gli procurerà parecchie simpatie. Ha decretato l’abolizione del gerundio dagli atti ufficiali del piccolo Distrito Federal, lo Stato della capitale Brasilia. Motivo: tutte le espressioni che finiscono in -ando, -endo, -indo (in portoghese, così come in italiano) sono un modo per imbrogliare l’interlocutore, prendere tempo, rimandare una decisione o una risposta. Il gerundio viene dunque licenziato dal burocratese di Brasilia, nell’augurio che l’esempio venga seguito dal resto del Paese e anche dal linguaggio di tutti i giorni.
Pubblicato, senza essere preceduto da alcuna anticipazione, sulla “Gazzetta Ufficiale” di Brasilia del 1° ottobre 2007, il decreto numero 28.314 emesso su decisione del governatore José Roberto Arruda non è una boutade: il provvedimento contro il gerundio, di appena quattro articoli, è infatti divenuto immediatamente operativo ex lege, suscitando – cosa intuibile – reazioni assai diverse.
Accusato di insanità mentale o di voler intraprendere una donquichottesca battaglia contro un fatto linguistico sancito dalla norma e dalla storia linguistica oltre che dall’uso, il governatore Arruda sembra essersi risolto a promulgare l’insolito provvedimento a seguito delle innumerevoli ripetute segnalazioni di cittadini stanchi di ricevere, da parte dei burocrati dello Stato, risposte evasive – perché impossibili da precisare cronologicamente a causa della semantica imperfettiva del gerundio – circa lo stato di perfezionamento di pratiche sottoposte all’amministrazione spesso addirittura anni prima.
In portoghese, come del resto in italiano, il gerundio gode infatti di tutte le proprietà caratterizzanti la classe azionale cui si fanno appartenere quei verbi che descrivono azioni o processi privi di un punto di culminazione inerente ma che possono essere interrotti ad ogni istante o continuati indefinitivamente.
Indefinitivamente… a dispetto di aspettative e bisogni di parlanti-cittadini tagliati fuori, dalla lingua, da quanto di loro diritto. La comprensione dello Stato e delle sue leggi.
Che soluzione allora, che passi essa stessa per la lingua, contro quel macchinoso e ingombrante monstrum linguistico che da ormai vari decenni va sotto il nome di burocratese?
«Nella seconda metà degli anni settanta, in Italia, si sviluppa sulle pagine di alcuni quotidiani un dibattito sulla opportunità, il senso e la possibilità dello “scrivere chiaro”» (De Mauro 1990, p. 225).
[…] è solo dopo aver chiarito la veste comunicativa di un testo, cioè la sua struttura testuale e la sua lingua, che si può scorgere ciò che c’è di incomprensibile nelle cose, nelle istituzioni e nelle procedure. Una veste comunicativa oscura, insomma, permette alle istituzioni di nascondere ciò che non va nelle cose (passo di De Mauro in De Mauro – Vedovelli 1999, pp. 15-31).
Una pubblica amministrazione che sia realmente al servizio dei cittadini – così come prefigura l’articolo 98 della Costituzione – deve garantire ai suoi utenti una comunicazione chiara e univoca […] per una reale trasparenza e accessibilità – ovvero per una reale democraticità dell’agire amministrativo – è indispensabile semplificare ed unificare il linguaggio con cui tale agire si esprime (Presidenza del Consiglio dei Ministri. Dipartimento per la Funzione pubblica 1993, p. 11).
Semplificare ed unificare il linguaggio, per giungere a quella trasparenza e comprensibilità cui, da anni e anni, le istituzioni… stanno ambendo….
***
Appendice. Tanto per essere chiari…
Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quello che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo:
Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo nulla che la bottiglieria di sopra fosse stata scassinata.
Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione:
Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara di essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante (Italo Calvino, “Il Giorno”, 3 febbraio 1965).
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