“Il riposo del guerriero” dell’8 aprile 2012

Sorpresa, da soprendere, connesso con il lat. prehendere letteralmente ‘prendere da sopra’, dapprima in senso concreto e poi, per effetto di una ripresa (verso la metà del XVI sec.) del significato che il filone lessicale aveva acquisito in francese, per intendere il senso di ‘stupore, meraviglia’ oggi prevalente del sostantivo – non necessariamente, però del verbo.

Per coniugare meraviglia e riflessione sulla lingua, ancora una volta si può ricorrere all’etimologia, miniera inesauribile di conoscenza in grado di dare consistenza vitale anche a quelle parole che non sembrano aver nulla da dire, tanto è perspicuo il loro significato per il parlante.

Difficile infatti immaginare che dietro a una parola del lessico fondamentale, quale è testa, si possa celare il rimando ad un vaso, di argilla o di terracotta,  e, prima ancora, al guscio o al carapace di alcuni animali. Una volta stabilito il collegamento tra guscio-contenitore e vaso le ragioni per cui testa possa aver scalzato caput ‘il capo’ come termine di riferimento per… la testa, appaiono abbastanza evidenti, così come il contesto in cui lo slittamento può essere accaduto. Se battuto, il coccio suona infatti vuoto, funziona da cassa di risonanza del nulla e appare duro, goffo a vedersi posto sulle spalle; ha perciò tutte le caratteristiche che (dapprima) in un contesto comico o colloquiale garantiscono una forte presa sull’ascoltatore. Assai più connotativo di caput, testa conquista perciò in tutto il mondo romanzo il ruolo di indicatore della classe dei termini a cui appartiene e, al neutro, (testum, di analogo significato), per il tramite di una mediazione consistente nella prassi di usare il testum per saggiare la qualità dei metalli, finisce per significare ‘prova, esame’ (ingl. test). Ancora il neutro, stavolta modificato per inserimento di un elemento derivativo, ha formato la base per *testulum, antecedente necessario per l’it. teschio. Al teschio e alla testa (nel duplice significato di ‘vaso’ e di ‘testa’) sembrerebbe infine da riconnettersi il significato di ‘coppa’, da taluni spiegato richiamando l’abitudine de barbari di bere nei crani umani.

Altro classico della linguistica romanza, vera e propria sorpresa per chi si accosti alla pratica della ricostruzione etimologica, è lat. examen da exag(s)men connesso con exigo da ago ‘lett. condurre’ prefissato con ex– che da una parte ha acquisito significato di ‘ago della bilancia’ da cui l’it. esame (poiché l’ago è indicativo della pesata, ovvero della prova effettuata; parallelamente lat. examinare, da cui it. esaminare, che trae origine dal controllo per peso per mezzo della bilancia) e, dall’altra, quello di sciame, ad esempio di api, spiegato o per accostamento di exag(s)men a agmen ‘schiera’, o per imitazione del gr. aphesis ‘allontanamento’.

A questo scarno florilegio, traduzione del greco antologia, si aggiungerà un terzo caso di etimo a sorpresa, in questo caso forse da attribuire ad un errore interpretativo, quello da cui è disceso il nome di osso sacro, da un gr. ieron osteon in cui la resa di ieron con il lat. sacrum ‘sacro’ in sé tutt’altro che scorretta è probabilmente da imputare alla estensione dilagante di questa accezione associata a condizioni e pratiche contraddistinte da forte sacralità (es. gr. iereus ‘sacerdote’), a scapito, però, di un più antico – e concreto –  ‘forte, vigoroso’, che risulta del tutto coerente con le caratteristiche anatomiche dell’osso.

Come ultimo caso si considererà una intera serie di esiti sorprendenti, quelli, prima latini e poi italiani, di un aggettivo greco, idios, il cui significato di ‘proprio, privato, particolare, personale’, appare fortemente sbiadito se si guarda alle formazioni in cui rientra.

Da idios si è formato infatti idiōtēs, letteralmente ‘privato cittadino’, passato prima ad indicare l’uomo “comune, della strada” e poi, in senso denigratorio, l’uomo ‘ignorante, sciocco’. Idiota, per l’appunto.

Dallo stesso idiōtēs si è poi formato un aggettivo di relazione idiōtikos, ‘relativo all’ idiōtēs, che, analogamente a quanto è accaduto per altri termini consimili, ha subito il mutamento articolatorio di diō- in zo-, da cui, al termine della trafila, zotico.

Idios ha poi fatto da base per il termine indicante la lingua parlata, particolare perché propria del parlante e perché diversa dalle altre: il riferimento è, ovviamente, al gr. idίōma che per ragioni di regole di accentazione è stato reso in lat. con idiòma, da cui la continuazione italiana.

Infine la ‘mescolanza/crasίa degli umori (propri) di un individuo che ne determina il carattere (particolare)’ ravvisabile nell’antecedente di idiosincrasia, in principio priva di qualsiasi connotazione negativa.

Finitre le sorprese, non resta che l’uovo.

Buona Pasqua!