“Il riposo del guerriero” del 17 febbraio 2013
Imparentato con il sacro, dal quale si differenzia perché costituisce una condizione cui si perviene e non, come invece per sacro, che si possiede intrinsecamente, che si ha dal principio – una cosa è sacra dalla nascita, fin dalla sua origine; è santa, invece quando si avvicina all’idea di sacro a seguito ad esempio di un comportamento esemplare -, da un punto di vista grammaticale santo è collegato a sancire, di cui costituisce il participio passato forte. Lo stesso verbo da cui si è formata sanzione.
Di santo e santi è piena la nostra lingua, essendo innumerevoli gli ambiti di riferimento aventi a che fare con essi.
Nell’onomastica personale è il caso del nome proprio di persona, molto diffuso nell’Italia meridionale, il cui diminutivo, santino, è però usato anche nel lessico comune ad indicare il cartoncino, per lo più rettangolare, su cui è riportata l’immagine Gesù, della Madonna o, appunto, di un santo, per lo più accompagnata da una preghiera.
Sempre rimanendo nel lessico comune c’è poi il verbo oggi poco usato santocchiare ‘recitare le orazioni’ e il sostantivo santocchiata per indicare la Quaresima.
Di santocchio, altra parola dalla stessa base lessicale, possiamo invece dire che si tratta di un termine usato in genere con significato spregiativo, per alludere a chi ostenta una devozione che non trova corrispondenza nei comportamenti.
Molti e di opposta vocazione sono i proverbi che hanno a che fare con il santo. Ne ho selezionati alcuni, i primi tre con lo scopo di far vedere come la stessa parola entri nell’espressione di sistemi di valori tra loro opposti.
Santi, ad esempio, ha una valenza neutra in Tutti i Santi, la neve per i campi in cui l’espressione sostituisce primo di novembre, data in cui ricorre la festività religiosa ma anche laica di Ognissanti, scritto tutto unito, univerbato, e con la –s– raddoppiata a sancire la prassi consolidata di pronuncia dei due elementi in un unico blocco (cfr. dappertutto da da per tutto, soprattutto da sopra tutto); santi costituisce invece emanazione di un sentimento senza dubbio religioso in Quando il grano è nei campi, egli è di Dio e de’ Santi; ha, infine, una matrice del tutto opposta a quella religiosa nel dannunziano Fa più miracoli una stalla di letame che una chiesa di santi.
Altri proverbi noti sono Avuta la grazia, gabbato lo santo oppure passare la festa e gabbare lo santo (attestato in tante varianti) per indicare l’ingratitudine con cui ci si comporta una volta ottenuto un favore o le promesse fatte e dimenticate una volta superato il momento di difficoltà che aveva indotto a farle. Una curiosità etimologica: mi è capitato spesso di sentirmi chiedere che origine abbia la parola gabbare, ‘prendere in giro’. Si tratta di un termine che troviamo attestato sia nel francese antico che nel provenzale, e questo è il tramite per cui lo è entrato in italiano, ma di provenienza scandinava. Il significato è quello con cui lo si usa ancora oggi in italiano ‘schernire’.
Abbiamo poi
Nella chiesa coi santi e in taverna coi ghiottoni ‘per indicare che ciascuno frequenta chi più gli somiglia per abitudini di vita e propensioni morali’
e
Ogni santo aspetta la sua festa ‘prima o poi giunge per tutti un momento favorevole’.
L’ultimo che citerò è
Scherza (o impacciati) coi fanti e lascia stare i santi oppure coi santi non si burla per indicare che ‘non bisogna mescolare le cose sacre con quelle profane o che non è opportuno comportarsi con eccessiva disinvoltura con i potenti’.
Vado a chiudere con una considerazione che ha a che fare con uno dei tanti modi di dire connessi con il santo: avere santi in paradiso, locuzione in uso nella lingua contemporanea e, insieme al suo referente materiale, di gran voga. Indica infatti chi può vantare protezione e protettori (lo si usa, in genere, per fare riferimento a chi, nella ricerca di un lavoro, è ricorso o intende far ricorso alla pratica della raccomandazione)… che, purtroppo, ben poco hanno a che fare con la spiritualità.
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La fonte per le forme che ho citato è il Grande dizionario della lingua italiana curato da Salvatore Battaglia.
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